Uccelli Passeracei.

Calandra o Lodolone

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Animali Uccelli Passeracei

VITA DEGLI ANIMALI - UCCELLI - PASSERACEI

ZIGOLO DI LAPPONIA (Calcarius lapponicus)

Ha il becco piccolo, con il rilievo del palato appena sensibile; ali lunghe e acute, coda di media lunghezza e l'unghia del pollice notevolmente prolungata e ricurva, simile ad uno sperone, la cui lunghezza è più o meno eguale a quella del dito che la porta. Le proporzioni sono analoghe a quelle del migliarino di palude, da cui si discosta notevolmente per i colori. La parte superiore del capo, la gola e tutta la parte anteriore del collo sono nere, la nuca rosso-ruggine con una striscia bianco-rossiccia che comincia sulla fronte e scende sulla gola a forma di S. Il dorso ha il fondo fulvo segnato da striature nere, le parti inferiori, grigiastre, mostrano ai lati delle grandi macchie rotonde o longitudinali nere, l'ala è scura con orli chiari sulle copritrici e sulle remiganti. Le femmine sono complessivamente più pallide, e mancano del nero sulla testa, sulla gola e sui fianchi: per il resto somigliano al maschio, che nell'abito invernale ha il colore nero smorzato dagli orli bianchi delle piume. L'iride è scura, e così il becco, che sfuma però in azzurro verso la punta; il piede si presenta bruniccio. La patria dello Zigolo di Lapponia è nell'estremo settentrione, nei Paesi boreali che circondano l'Oceano Glaciale Artico e segnatamente tra le tundre russe. In questi luoghi è largamente diffuso, e si muove sul terreno con la stessa abilità che spiega nel volo; canta in maniera semplice, ma gradevole, ripetendo più volte il suo grido di richiamo. Compie nell'inverno, delle migrazioni che non lo portano tuttavia più a sud della Penisola Scandinava, e solo eccezionalmente in Germania. A volte, ma in casi del tutto accidentali, lo si è visto anche in Italia. Si occupa della riproduzione non appena è rientrato nelle regioni che più gli sono congeniali, e cioè verso la metà di aprile; e sceglie per il nido i luoghi umidi, tra le radici oppure sotto le piante a fitto fogliame. Le sue costruzioni sono, al solito, grossolane, ma molto accoglienti all'interno, perché rivestite di soffici piume. La femmina termina di deporre le sue-cinque o sei uova verso mezzo giugno: sono uova di forma allungata, col fondo giallognolo o bruniccio, disegnato da punti e linee più scuri. Gli zigoli di Lapponia si nutrono, nel periodo favorevole, esclusivamente di insetti, e particolarmente di moscerini. che formano nelle tundre delle vere e proprie nuvole a poca altezza dal suolo; durante l'inverno, si adattano a quel che trovano, ed allora entrano nella loro dieta anche i semi di tutti i generi. In gabbia vivono bene e allegramente, accontentandosi di semplici nutrimenti: e sono abbastanza facili da catturare, perché, non avvezzi alla vicinanza dell'uomo, almeno fino a che non si rendono conto del pericolo che egli rappresenta, si lasciano avvicinare abbastanza agevolmente.

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ZIGOLO DELLA NEVE (Plectrophenax nivalis)

Questa specie può essere avvicinata, nella famiglia degli zigoli, a quel che è il fringuello alpino nella sua famiglia. Ha penne straordinariamente folte, e lo sperone meno lungo di quello dello zigolo di Lapponia. Il maschio è lungo da diciassette a diciannove centimetri, con una apertura alare che può arrivare ai trentatré; le singole ali stanno sui dodici centimetri, e la coda sui sei centimetri. Nel suo abito estivo, di notevole bellezza, il nero copre tutta la parte media del dorso, gli apici delle penne remiganti e le timoniere centrali, formando inoltre una macchia sull'articolazione del capo; il resto delle piume è bianco. D'inverno, invece, sulla testa e sul dorso prevale il grigio-bruno interrotto da macchie a forma di mezzaluna e il petto ha un colore più fosco. La femmina si distingue per la testa nericcia, e i giovani hanno l'intero abito rosso-grigiastro e le ali segnate da due fasce bianche. Lo Zigolo della neve è indigeno di quegli stessi paesi che sono patria del suo affine della Lapponia, ma arriva ancor più a settentrione, verso il Polo, portandosi poi, nei mesi estivi al massimo in Lapponia o sulle alte vette scandinave. I declivi montani e le rupi sono la sua dimora abituale; qui, in grandi branchi, corrono e volano con leggerezza, sempre restando a poca distanza dal suolo. Di indole mobile e irrequieta, sopportano i freddi più rigidi e le peggiori carestie; non si fermano mai in un unico luogo, ma percorrono ininterrottamente le regioni in cui dimorano. E quando la neve è molto alta, si accostano ai luoghi abitati e qui vengono a cercare il cibo che i campi non sono più in grado di offrire: vale a dire le sementi, con le quali sostituiscono per necessità gli insetti (soprattutto moscerini), che costituiscono l'alimento abituale della buona stagione. Il sopraggiungere dell'inverno, d'altra parte, li costringe in breve volgere di tempo a mettersi in viaggio verso zone più ospitali, il che si traduce in migrazioni regolari, affrontate in branchi numerosissimi. Pochi altri uccelli si riuniscono in stuoli altrettanto grandi per abbandonare i luoghi preferiti e cercare i mezzi di sostentamento altrove: in Russia, uno dei Paesi settentrionali ai quali solitamente si limitano ad arrivare vengono chiamati «fiocchi di neve», perché appunto come minuscole particelle di una immensa nevicata scendono sui campi e sulle vie in cerca di qualcosa da beccare, dopo il lungo viaggio. E' raro che queste migrazioni li portino fino all'Europa centrale, e se ciò avviene, non vi giungono con i branchi più numerosi, ma in ristrette famiglie; meno raro è viceversa che i viaggi si svolgano attraverso il mare, il che prova la grande resistenza al volo di questi uccelli. Lo Zigolo della neve nidifica nelle zone che gli sono tipiche, iniziando il periodo della riproduzione verso il finire dell'aprile: in quest'epoca il maschio fa sentire, posato sulle rupi, il suo canto breve ma non ingrato. Il nido viene stabilito nelle fenditure delle rocce, sotto i massi o sui dirupi che si affacciano sul mare: composto esternamente di steli erbosi, di muschio e di felci all'interno è ammorbidito con piume di vario genere, e la sua caratteristica più spiccata è data dall'angusto ingresso, appena sufficiente a consentire il passaggio dei genitori. Le uova deposte dalla femmina, cinque o sei, sono di colori e disegni svariatissimi; e al termine della cova, appena i giovani siano autosufficienti, si formano i branchi, che a seconda delle condizioni climatiche, si trattengono ancora per qualche tempo negli stessi luoghi o intraprendono senz'altro le usuali migrazioni. In gabbia, lo Zigolo della neve si mostra sulle prime insofferente, ma dopo qualche tempo si adatta con una certa facilità e si dimostra di facile contentatura e di carattere amabile. Occorre mantenere per lui una temperatura piuttosto bassa perché l'unico vero rischio per la sua sopravvivenza è costituito da un eventuale eccesso di calore. Con gli eventuali vicini si comporta bene senza disturbare gli esemplari più piccoli e deboli.

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LODOLE

I componenti di questa famiglia sono passeracei con il corpo tarchiato e la testa grossa, col becco più o meno robusto e di media lunghezza, le ali lunghe e larghe, la coda corta e i piedi bassi. Le piume sono generalmente del colore della terra, e variano più con l'età che con il sesso. Strutturalmente, non si diversificano dagli altri passeri, dotate di ossa robuste, di grossi polmoni e di stomaco muscoloso, ma prive di ingluvie. Per la massima parte, appartengono all'emisfero boreale e vi occupano zone molto estese, con preferenza per i terreni aperti, siano essi coltivati oppure stepposi e desertici; di regola, quelle che hanno per patria i Paesi settentrionali compiono delle regolari migrazioni, mentre le altre sono praticamente stabili, limitandosi tutt'al più a brevi escursioni: e del resto i loro viaggi non sono mai troppo lunghi. Le Lodole passano la vita sul terreno: sono camminatrici eccezionali, dotate di passo rapidissimo e non saltellante. Nel volo sono abilissime e spiegano una gamma completa di movimenti. Quando hanno fretta, volano rapidamente a grandi archi; quando cantano si alzano verticalmente, per poi abbassarsi lentamente e infine precipitare ad ali chiuse, come oggetti inanimati; svolazzano rasente al suolo o all'acqua con tremolante batter d'ali, e non di rado associano tutta questa varietà di movimenti in una dimostrazione di grande abilità complessiva. Mobili ed irrequiete, formano quasi sempre dei grandi branchi dei quali entrano a far parte, oltre alle specie affini, uccelli d'altro genere; e all'interno dei gruppi sono frequenti le liti e le battaglie, specialmente quando, nel periodo degli amori, si presenta prepotente la gelosia. Di solito dimostrano buone qualità nel canto: anche se la loro voce si spiega su di un arco tonale non estremamente ricco, è però varia e ricca di modulazioni, pronta all'apprensione dei suoni caratteristici delle altre specie. Anche il cibo, naturalmente, viene cercato soprattutto sul terreno, ed è principalmente costituito di insetti e sostanze vegetali: i semi sono inghiottiti senza sgusciarli, per cui sono necessarie pietruzze e sabbia per macinarli prima della digestione. Poco amanti dell'acqua, le Lodole provvedono alla loro pulizia voltolandosi nella sabbia e nella polvere, d'inverno nella neve. Le nidiate vengono formate sul terreno, in depressioni poco profonde, nelle quali le rudimentali costruzioni di foglie secche, fili e steli hanno sempre il colore dell'ambiente circostante e sono perciò estremamente difficili da scoprire. Al loro interno le uova deposte sono di solito in numero variabile da quattro a sei, e siccome l'incubazione si ripete almeno per due volte nel corso dell'estate, la moltiplicazione di questi uccelli è notevole. Si può dire che l'uomo sia il nemico più pericoloso delle Lodole, perché ne apprezza molto le carni e dà loro una caccia sistematica; per il resto, esse devono guardarsi dai piccoli rapaci terrestri e aerei, e nelle regioni meridionali anche dalle lucertole e dai serpenti. In gabbia non sono diffuse.

Esemplare di Lodola

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CALANDRA (Melanocorypha calandra)

Nella sua famiglia è una delle specie più grandi: in lunghezza raggiunge i venti centimetri, le ali sono di circa dodici centimetri, la coda di cinque e l'apertura alare di trentasette-quaranta. Il piumaggio si presenta nelle parti superiori con macchie longitudinali nere disposte su un fondo fulvo; in quelle inferiori il fondo è bianco-gialliccio, striato anche esso di scuro nella parte superiore del petto. Su ciascun lato del collo è visibile una macchia nera trasversale, mentre le ali sono segnate da due fasce bianche e, nella coda, la timoniera esterna è quasi interamente bianca. L'occhio è bruno-chiaro, il becco e il piede sono cornei. L'abito giovanile si distingue per il giallo-rugginoso delle parti superiori e per alcune macchie rotonde visibili sulla testa.

Calandra o Lodolone

La Calandra è diffusa in vasti territori, dall'Europa meridionale (in Italia è molto frequente) all'Asia centrale, all'India e alla Cina. Nelle migrazioni tocca l'Africa del nord e i Paesi dell'alto Nilo. Fuori del periodo degli amori, la si trova a far parte di branchi molto numerosi e compatti, e i singoli individui ripetono, nei loro costumi, quelli generali della famiglia. Si tiene a preferenza nei luoghi scoperti, ha un'andatura rapida e spigliata sul terreno ed in volo, e come particolarità si può citare il fatto che sguscia le sementi prima di inghiottirle, in ciò differenziandosi dagli affini. Inoltre, il suo canto si distingue da quello delle altre lodole per la maggiore delicatezza e perché proprio in essa si trova la massima disponibilità all'apprensione delle voci degli altri animali: udire il suo canto nella campagna è un po' come udire quello di tutti gli uccelli, dai rapaci agli striduli, ai canori, che la Calandra imita, intrecciandoli, mentre si libra nell'aria. Come si è accennato, nel periodo della riproduzione i branchi si sciolgono e si formano le coppie: esse pongono il loro nido sul terreno, nelle naturali depressioni oppure dietro alle zolle, a qualche cespuglio o addirittura dentro le messi, sempre in luoghi riparati e nascosti. La costruzione è sommaria, fatta di steli e di piccole radici tra cui vengono deposte quattro o cinque uova piuttosto grosse e tondeggianti, densamente coperte da punti e macchie sul fondo bianco lucido o sfumato di gialliccio. Nella cattività, alla quale è adattabile, ha il difetto di una voce troppo alta, che la rende insopportabile se tenuta all'interno di una abitazione normale. Tenuta assieme ad altri uccelli, tradisce inoltre la sua indole battagliera, facendo largo uso del becco robusto in liti frequentissime. Per il resto, è di facile contentatura, prospera e canta per tutto l'anno, ad eccezione del periodo in cui si verifica la muta delle penne.

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CALANDRELLA (Calandrella brachydactyla)

Ha una mole inferiore rispetto alla precedente, ed anche il becco è più piccolo. In lunghezza sta sui quindici centimetri con l'apertura alare di circa ventisette; le singole ali misurano sette centimetri e la coda quasi sei. Le parti superiori sono color argilla-chiaro, screziato di rossiccio sul capo e di grigio sul resto delle penne; mentre inferiormente il colore fondamentale è un giallo-grigio-chiaro. Anche essa ha le due fasce sulle ali e le macchie ai lati del collo, ma le prime sono più scure e le altre più piccole e chiare nella calandra. L'area occupata dalla Calandrella è più vasta di quella in cui si può trovare la sorella maggiore, e comprende tutte le pianure dell'Europa meridionale, dell'Asia centrale e dell'Africa settentrionale. Anche se non schiva del tutto i campi, preferisce le regioni deserte ed incolte, e la sua vera patria si può stabilire nelle brughiere e nelle steppe asiatiche, così simili, queste ultime, al colore del suo piumaggio, che scorgerla è veramente problematico. Malgrado alcune singolarità, anch'essa deve essere considerata, quanto alLe abitudini, una vera lodola: volando descrive archi irregolari, sale in alto secondo una direttrice obliqua e scende lasciandosi completamente cadere. Il suo canto è composto da una serie difettosa di suoni diversi, e nel complesso risulta monotono e sgradevole, con capacità di imitazione ridotta. Le coppie si dividono a primavera, al rientro dai luoghi di svernamento, e costruiscono il solito nido sommario e ben nascosto: le uova sono di colore diverso, ma generalmente presentano piccoli punti bruno-rossicci sul fondo grigio o giallo-chiaro. Terminata l'incubazione ed assicurata ai piccoli l'autosufficienza, si ricostituiscono i branchi che si predispongono alle migrazioni verso sud, specialmente dirette alle steppe boscose dell'Africa centrale e, dalle regioni del centro asiatico, all'India. Come a tutte le specie di lodole, anche alla Calandrella si danno cacce accanite, ma la sua grande fecondità compensa rapidamente le perdite subite.

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LODOLA MORA (Melanocorypha yeltoniensis)

Caratterizzata dal becco grosso e simile a quello dei fringuelli, questa specie eguaglia in grandezza la calandra, ed è soprattutto singolare per i suoi colori. Il maschio adulto è, infatti, di un generale e intenso color nero, che solo dopo la mula presenta le penne marginate di bianchiccio sul dorso e sulle parti inferiori. Il becco è giallo, con toni più intensi sulla punta, il piede e l'occhio bruni. Nella femmina, i colori sono variamente sfumati nel grigio, come in tutte le lodole con macchie più scure e le parti inferiori bianche; e gli individui giovani ripetono l'abito della madre. La Lodola Mora è stabilita nelle steppe salate dell'Asia Centrale, il cui colore di fondo è abbastanza simile al suo: neppure durante l'inverno lascia i luoghi che le sono abituali, limitandosi a brevi trasferimenti condizionati dalle necessità vitali. Le abitudini sono quelle generalmente indicate per la famiglia e per le calandre: aggiungiamo che vive in branchi numerosi, si ciba principalmente dei semi delle piante saline e secondariamente di insetti, soprattutto nei mesi estivi. Le uova deposte nel nido di rozza fattura sono quattro o cinque, col fondo azzurrognolo segnato di macchie rossicce.

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16 Mag. 2025 2:56:21 am

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